Rinaldi, Baldioli, Ruggieri Trio

Three On Roots

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Artista: Rinaldi, Baldioli, Ruggieri Trio
Titolo: Three On Roots
Genere: Jazz
Supporto: CD Audio

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Descrizione

Descrizione

Artista: Rinaldi, Baldioli, Ruggieri Trio
Titolo: Three On Roots
Genere: Jazz
Data di uscita: febbraio 2012
Casa discografica: Ultra Sound Records

Musicisti
Marianna Rinaldi: voce
Massimo Baldioli: sax tenore e soprano
Riccardo Ruggieri: pianoforte

Tracce Musicali

  1. Too Marvelous for Words
  2. I Didn’t Know What Time It Was
  3. Alfie
  4. Get Out of Town
  5. Loads of Love
  6. Ev’ry Time We Say Goodbye
  7. Hi Fly
  8. Some Other Time
  9. Please Don’t Talk About Me When I’m Gone
  10. Visione (Ill Wind)
  11. Melancholia (Don’t Miss You At All)

Rinaldi, Baldioli, Ruggieri Trio nasce formalmente nel 2010 ma i tre musicisti hanno già collaborato in diverse occasioni e in varie formazioni.

Il desiderio di rendere omaggio ai grandi autori americani è stata l’idea ispiratrice dell’album Three on Roots. Con una formazione minimale, poco consueta nella discografia jazz (voce, sassofono e pianoforte), i tre musicisti danno vita ad un sound personale, frutto di un naturale approccio non filologico, in cui convergono ben amalgamati elementi di linguaggio tradizionale e moderno.

Tuttavia l’interesse di Three On Roots non risiede solo nella scelta del repertorio ma anche in come questo sia stato interpretato con buon gusto attraverso letture in bilico tra misura e audacia, ironia e pathos.

Si apprezzi il cantato di Ill Wind (introdotto da una composizione di Ruggieri degna del Coltrane di After the Rain) che restituisce il dramma affidandosi ad un calibrato uso del glissato e limitando il più scontato vibrato; la stessa ammirevole moderazione in Some Other Time grazie alla quale il testo (forse la vetta di Comden e Green) arriva dritto al cuore dell’ascoltatore.

I soli del sax rispondono alla medesima poetica: si ascolti quello su Ev’ry Time We Say Goodbye il cui incipit pastorale è ripreso con raziocinio alla fine dell’improvvisazione, oppure quello più speziato di tensioni di Get Out of Town. Quest’ultima song di Cole Porter ospita una delle improvvisazioni pianistiche più elettrizzanti del disco: essa nasce quale elaborazione motivica dal sinuoso groove dell’accompagnamento senza che si percepisca una frattura tra comping e chorus. E poi quante piccole grandi licenze che accendono l’interesse!